Prima o poi può capitare a tutti: una foto imbarazzante pubblicata su Facebook o su Instagram, un commento a tinte politicamente scorrette, o semplicemente un episodio del passato che vorremmo finalmente lasciarci alle spalle. Quando si tratta di far tornare a galla le tracce della nostra vita digitale la rete non perdona, e questo può nuocere alla nostra reputazione online – e di conseguenza offline – quando le informazioni scottanti giungono nelle mani sbagliate, come quelle di un datore di lavoro. Quando poi si ha un’attività commerciale è anche peggio, perché le recensioni negative sul web influiranno sull’afflusso di clientela in futuro. Che fare?
Non è un caso se in questi ultimi tempi si sta assistendo a un boom dei servizi online dedicati alla reputazione su internet che, dietro lauto pagamento, promettono di farci da paladini, difendendo a spada tratta ciò che di noi si dice nelle piazze virtuali e cancellando gli scheletri nell’armadio 2.0. Stando ad alcuni dati sembrerebbe che questo tipo di servizi siano stati utilizzati da oltre un milione di persone. Sarà vero? Almeno alcune agenzie concedono la chiamata preliminare di consulenza gratuitamente.
Per le aziende invece c’è la possibilità di affidarsi alle cure di una nuova figura professionale, il reputation manager. Il suo compito è quello di monitorare le conversazioni in rete – social network, siti di recensioni, forum, blog e così via – interpretando i dati e intervenendo dove necessario, in collaborazione con il dipartimento delle pubbliche relazioni. Importante anche cercare di stringere un contatto personale con i cosiddetti influencer, ovvero i gestori di siti e profili che godono di fiducia e seguito da parte degli internauti, magari anche per aumentare l’impatto online che si sta cercando.
Difendere se stessi online si può, ma la strada è tutt’altro che spianata, e richiede tempo e denaro. Attenzione perciò a soppesare bene azioni, parole e possibili conseguenze