Il sistema SLIFEP per la valutazione delle fotografie digitali

A volte non è facile analizzare e spiegare i motivi per i quali un’immagine ci appare riuscita ed espressiva o, al contrario, piatta e insignificante. Si intende qui proporre una guida all’analisi dei diversi aspetti che concorrono alla resa finale di una fotografia e una scala di voti da 1 a 9 che, applicata ad ogni singolo parametro, può aiutare sia ad esprimere un giudizio ragionato che ad individuare eventuali punti deboli nella propria produzione. Si tenga presente che questa non intende essere una guida alla realizzazione di fotografie belle, ma solo alla valutazione a posteriori del risultato finale. Comunque, una valutazione oggettiva e analitica dei propri scatti è preziosa per migliorare le proprie capacità.
Il sistema proposto si riassume nell’acronimo SLIFEP, dalle iniziali di ciascun parametro preso in considerazione. Qui vengono elencati secondo un ordine che si può considerare approssimativamente di rilevanza decrescente. E’ infatti evidente che una foto non può prescindere da un soggetto, mentre può tranquillamente essere priva di postproduzione.

Sebbene la scala sia in decimi, si considerino gli estremi 10 e 0 riservati a casi estremi raramente riscontrabili (come una foto scattata da Henri Cartier Bresson e dal suo cane). In generale, ci si può basare sulla scala dei voti scolastici, nella quale da 4 in giù si ha una grave insufficienza, 6 è la sufficienza, 7 è “buono”, 8 è “distinto” e 9 è “ottimo”. Con significati diversi per ogni parametro, ovviamente. Un giudizio si può così esprimere molto sinteticamente con una stringa nella quale l’iniziale di ogni parametro è seguita dal voto relativo, ad esempio S7-L5-I8-F7-E6-P6.
Gli esempi elencati di seguito sono puramente inventati allo scopo di definire approssimativamente dei livelli di riferimento per ogni parametro. Tuttavia è possibile che la stessa descrizione evochi a ciascuno delle immagini diverse, per cui vanno presi con molta elasticità.

I PARAMETRI

Soggetto
Senza soggetto non si fa alcuna foto. E’ in base al soggetto che si distinguono i vari generi fotografici: panorami, ritratti, persone dal vivo, natura selvaggia, natura morta, architettura, arte, moda, molluschi bivalvi e così via. Anche scatti puramente grafici, nei quali il soggetto ripreso può essere irriconoscibile, hanno in realtà un soggetto che può essere un colore, una luce, una geometria. Poiché la varietà dei soggetti è praticamente infinita, è impossibile definire una scala rigida per valutarli. Ciò che si può fare guardando una foto è cercare di quantificare quanto il soggetto ci colpisce, ci coinvolge, ci trasmette un’emozione. Facendo attenzione a distinguere fra l’emozione proveniente dal soggetto stesso e quella creata con altri mezzi, come un’illuminazione drammatica o un punto di vista insolito. Un soggetto “povero” non produce necessariamente una foto brutta.

Alcuni esempi.
2: Dito davanti all’obiettivo.
4: Aiuole fiorite con falciatrice parcheggiata e sacchi di plastica. Bambino mezzo coperto da altre persone che ha chiuso gli occhi al momento dello scatto.
5: Automobile normale parcheggiata. Persona inespressiva. Muro vecchio ma non scrostato in modo drammatico.
6: Fiore. Bella moto parcheggiata. Casa. Via.
7: Moto in corsa. Bel gatto. Ape su fiore. Vallata. Monumento.
8: Bambino che ride. Gatto che punta la preda. Rovine. Tramonto che infuoca le nuvole.
9: Martin pescatore che si tuffa sott’acqua e prende un pesce nel becco. Auto che salta. Profugo con tutti i propri averi in un fagotto. Palazzo che crolla.

Luce
Anche senza luce, per definizione, non si fa alcuna foto. Il soggetto può essere illuminato in migliaia di modi diversi. In esterni si può avere la luce diffusa di un cielo coperto, la cruda luce solare eventualmente bilanciata da riflessi provenienti dagli oggetti circostanti, luce artificiale di notte oppure luce lunare, o infinite combinazioni di queste. In interni di solito l’illuminazione è più controllata: può essere quella “normale” proveniente da un lampadario, quella diffusa dalle finestre, luce solare, lume di candela.
L’uso di uno o più flash, di pannelli riflettenti e di altre forme di illuminazione controllata va valutato attentamente per l’efficacia nel rendere la scena drammatica, romantica, tetra o qualsiasi altra sia l’intenzione dell’autore. In generale un’illuminazione “piatta”, perché frontale o perché tanto diffusa da non produrre ombre, non merita una buona valutazione. A parte casi limite come le sagome in controluce, è importante valutare la qualità delle ombre prodotte ed il loro contributo nel rendere visibili volumi e profondità del soggetto.
Nel valutare la luce bisogna stare attenti a distinguerne le qualità intrinseche da quelle dipendenti dall’esposizione, come bruciature o ombre troppo scure. Se un difetto deriva dai parametri di scatto va attribuito all’esposizione. Se è proprio della scena ripresa può essere un problema di luce.

Alcuni esempi.
2: Buio pesto con alcune sagome indistinte.
4: Ritratto illuminato da flash frontale e soggetto con occhi rossi.
5: Persona col volto in ombra che sorride davanti ad un muro illuminato dal sole. Passanti in strada sotto un cielo grigio.
6: Piazza illuminata dal sole. Ritratto con luce diffusa e ombre non marcate.
7: Prato fiorito con luce radente fra gli steli. Sole che crea riflessi sulla carrozzeria lucida di un’auto.
8: Luce del crepuscolo che filtra attraverso i rami degli alberi. Fascio di luce che entra in una stanza polverosa e illumina un quadro. Chiaro di luna sui canneti di un lago.
9: Vulcanologi illuminati dal basso dal chiarore di una colata lavica.

Inquadratura
Mentre il soggetto e la luce che lo rende visibile possono essere naturali, l’inquadratura è un fattore sotto il controllo esclusivo del fotografo. Il punto di ripresa, la lunghezza focale usata, il posizionamento degli elementi all’interno del riquadro, l’allineamento lungo linee particolari possono rendere drasticamente diversi risultati ottenuti riprendendo un stesso soggetto sotto la stessa luce. Di tutti questi fattori si può dare una valutazione complessiva basandosi sulla sensazione di armonicità della composizione. Oppure, se si è incerti di una valutazione così soggettiva e impalpabile, si può verificare l’aderenza della foto ad alcune norme di composizione come la regola dei terzi, il decentramento del soggetto, l’asimmetria fra cielo e suolo, l’aria circostante il soggetto, l’assenza di elementi di disturbo lungo i bordi. Senza prendere nessuna di queste “regole” come sacra e inviolabile, si possono valutare anche le trasgressioni in funzione della resa espressiva dell’immagine. Alla fine, si tratta di rispondere alla domanda: “Quanto bene sono disposti gli elementi in questa foto?”.

Alcuni esempi.
2: Bambino ritratto dall’alto in basso con focale corta, tagliando sotto all’altezza delle ginocchia.
4: Pavimentazione su tutto il fotogramma, tranne una striscia in alto dove passeggiano pedoni decapitati.
5: Monumento al centro del fotogramma, piazza nella metà inferiore e cielo nella metà superiore.
6: Edificio visto quasi frontalmente sui due terzi sinistri, giardino sul lato sinistro.
7. Torre ripresa dal basso. Ritratto di profilo con cielo nella direzione dello sguardo.
8. Adulto sul terzo sinistro che tende la mano verso un bambino sul terzo destro che lo guarda dal basso in su; il braccio e lo sguardo seguono la diagonale del fotogramma.
9. Viale alberato in prospettiva con passanti distribuiti a varie profondità ma mai sovrapposti, con aereo che passa in cielo in alto a sinistra e persona che lo indica in basso a destra.

Fuoco
La nitidezza di una fotografia dipende da una corretta messa a fuoco e dalla velocità di spostamento degli elementi ripresi in funzione del tempo di scatto. Ai fini della valutazione a posteriori di uno scatto, possiamo guardare esclusivamente al risultato finale, senza distinguere se una mancanza di nitidezza è causata da movimento o da errata messa a fuoco. Anche se il “mosso” è tecnicamente un effetto dell’esposizione, ciò che produce sul fotogramma è una sfocatura, per cui lo facciamo incidere su questo parametro, che si potrebbe chiamare anche “nitidezza”.
Sarebbe errato ridurre questo parametro ai soli valori “giusto” o “sbagliato” a seconda che l’immagine sia tutta nitida o con il soggetto sfocato, perché agendo sulla profondità di campo o inseguendo il soggetto è possibile creare una grande varietà di effetti la cui efficacia va valutata attentamente.

Alcuni esempi.
2: Tutto sfocato: non si capisce niente.
4: Il soggetto si riconosce, ma è tutto sfocato. Bambino che si muove creando scie indesiderabili.
5: Ritratto di persona leggermente sfocata davanti ad una siepe a fuoco. Marmotta che corre su un prato, entrambi mossi.
6. Scena in strada con tutto a fuoco, ma un po’ di micromosso che riduce la nitidezza.
7. Panorama con tutto a fuoco.
8. Macro di insetto su uno stelo quasi interamente a fuoco, sfondo di steli simili del tutto sfocati. Corridoio visto in prospettiva con persona seduta a fuoco, mentre più vicino e più lontano lo sfondo sfoca gradualmente.
9. Panning di auto da corsa perfettamente nitida su fondo perfettamente striato. Farfalla su fiore con sfondo di paesaggio sfocato appena riconoscibile.

Esposizione
Valutare a posteriori l’esposizione di una foto è diverso da stimare i parametri di scatto prima di realizzarla. Si ha davanti un’immagine finita, spesso passata attraverso una postproduzione correttiva, e se ne deve soppesare l’efficacia espressiva in funzione della quantità di luce che mostra. Poca luce e tempo lungo o molta luce e tempo breve, quello che interessa è il chiaroscuro del risultato finale. Eventuali sfocature dovute al movimento saranno quindi considerate nella valutazione del parametro “Fuoco” e non di “Esposizione”.
Non si può pensare di valutare quantitativamente l’esposizione guardando un istogramma: ogni foto è una storia a sé, e come nell’immagine di un bosco può non esserci un solo pixel a luminosità massima, così in una scattata nel deserto non c’è motivo di trovare alcun dettaglio nero. In generale si cerca di sfruttare l’intera (limitata) gamma dinamica delle immagini digitali per massimizzare il contrasto, ma va tenuto presente che un contrasto elevato non è necessariamente sempre funzionale all’espressività di una foto. Una foto può essere volutamente sottoesposta o sovraesposta per buoni motivi. Più che la quantità di luce si cerchi quindi di valutare la bontà di questi motivi.
Poiché la fotografia digitale permette di variare con grande flessibilità la sensibilità (ISO) del supporto, si tenga anche presente l’adeguatezza del valore scelto, con le conseguenze sulla rumorosità dell’immagine e la saturazione dei colori.

Alcuni esempi.
2. Buio pesto con alcune cose indistinguibili.
4. Persona stesa al sole, con tutte le parti illuminate bruciate.
5. Uccello che fa capolino fra le foglie, troppo scuro per distinguersi chiaramente da esse. Piazza con monumenti in pieno giorno e ISO elevati che sgranano l’immagine.
6. Scena in strada in cui l’ombra sotto le auto sfiora il nero assoluto e un cartello bianco in pieno sole sfiora il bianco assoluto.
7. Ritratto con metà volto illuminato e metà in ombra, con dettagli ben leggibili in entrambe le aree.
8. Fasci di luce solare che filtrano fra le foglie in un bosco, nessuna bruciatura, ottimo stacco dei fasci dallo sfondo e tronchi in ombra che raggiungono il nero. Paesaggio nella nebbia con persone e oggetti perfettamente contrastati in primo piano, poi altri via via meno contrastati dietro, fino a sfumare in un grigio uniforme.
9. Uccello che vola verso un tramonto di nuvole in fiamme, scuro ma distinguibile fino all’ultima piuma. Oasi nel deserto resa simile ad un miraggio dalla sovraesposizione che rende irreali i dettagli, anche portando il lato assolato delle dune fino ad una bruciatura giallastra.

Postproduzione
E’ l’unico parametro che nel caso della fotografia digitale assume un significato diverso da quello che avrebbe per la fotografia analogica. Le possibilità di intervento sul digitale sono molto più ampie di quelle permesse dalla pellicola, e molto più accessibili per il fotografo amatoriale. Si considera anzi una prassi intervenire in qualche modo per perfezionare le immagini dopo lo scatto. Gli interventi possono comprendere regolazioni di esposizione, livelli, gamma, curve, saturazione, la riduzione del rumore, il viraggio o la conversione in bianco e nero, la rotazione ed il ritaglio dell’immagine per aggiustare l’inquadratura, l’aggiunta di bordi e firme. Approssimativamente, si può considerare parte di una postproduzione “normale” ogni intervento che agisca su tutta la superficie dell’immagine e non solo su parti di essa. Ad esempio, un filtro di sfocatura o di affilatura (come una maschera di contrasto) non snatura l’immagine, ma nel momento in cui lo si applica ad una selezione (per esempio per ottenere uno sfondo sfocato ove non ci si sia riusciti agendo sul diaframma) si comincia ad esulare dall’ambito puramente fotografico. Immagini che hanno subito interventi localizzati (come rimozione di elementi mediante clonatura dello sfondo, o inserimento di elementi non realmente presenti) non possono essere valutate secondo gli stessi valori delle immagini “non adulterate”, soprattutto quando si sconfina nella vera e propria manipolazione grafica. Il confine fra i due ambiti non può comunque essere definito rigidamente, e il criterio qui esposto vale solo da suggerimento.
Valutare la qualità della postproduzione può essere difficile nel caso in cui questa sia talmente ben riuscita da risultare impercettibile. Oppure può non essere affatto presente, nel caso di foto “come uscite dalla macchina”. In questi casi il parametro P potrà essere omesso.
Nei casi in cui la postproduzione è visibile e valutabile, bisogna cercare di capire se ha migliorato o peggiorato l’immagine di base. Una cornice dai colori vistosi o una firma con caratteri troppo elaborati può distrarre dal contenuto della foto, meritando una valutazione bassa. Viceversa, una cornice sobria può aiutare ad esaltare caratteristiche dell’immagine, come la brillantezza dei colori. Un viraggio seppia può aggiungere atmosfera, ma solo se congruo con il periodo temporale (reale o apparente) del soggetto. Una conversione in bianco e nero può arricchire di contrasto un’immagine rendendola più drammatica. Se poco contrastata può riempire di grigio il quadro smorzandone gli elementi, e questo può essere appropriato oppure no, a seconda del soggetto. Anche l’uso di filtri “creativi” per aggiungere trama o effetti particolari come vignettature, desaturazioni, viraggi, solarizzazioni, negativi eccetera vanno soppesati sulla base di quanto aggiungano a ciò che l’immagine aveva da dire già in partenza. Se l’effetto speciale diventa il protagonista, della foto vera e propria non resta abbastanza da poter dare una valutazione prettamente fotografica.
Certi interventi di postproduzione possono essere fondamentali per la produzione dell’immagine cercata dall’autore. Una foto panoramica risulta dall’unione di più scatti, e va valutata soprattutto per l’invisibilità delle giunzioni. Un HDR può recuperare una gamma dinamica impossibile da catturare con uno scatto singolo, e se raggiunge questo scopo senza snaturare il soggetto va valutato positivamente.

Alcuni esempi.
2. Filtro “Tempera ad olio” su foto di un evento sportivo.
3. HDR di una periferia grigia che la rende più colorata del Paese delle Meraviglie.
4. Cornici viola attorno ad una scena campestre, con titolo e firma in giallo.
5. Filtro antirumore troppo aggressivo che “plastifica” le superfici. Bianco e nero poco contrastato che mostra solo grigi.
6. Cornicetta nera, firma bianca. O viceversa. Regolazione corretta dei livelli.
7. Maschera di contrasto (USM) che riesce a contrastare efficacemente un micromosso.
8. Regolazione di curve per rendere chiaramente visibile una nebulosa in un cielo stellato. Panorama a 360° senza giunzioni visibili.
9. Sovrapposizione di più scatti per simulare un’esposizione lunga e mostrare la Via Lattea con i dettagli delle strisce di polvere.

(C)2008 Livio Rossani.
La riproduzione è autorizzata solo mantenendo questa nota di copyright.

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